OPERE
PUBBLICHE
Opere Pubbliche - Pubblicato il
documento definitivo dell'analisi costi-benefici del
nuovo collegamento ferroviario Torino - Lione
Riportiamo qui di seguito
le considerazioni conclusive della tanto attesa analisi
costi - benefici, redatta dagli esperti della Struttura
Tecnica di Missione del MIT.
12
febbraio 2019 - L’analisi condotta mostra come,
assumendo come dati di input relativamente alla crescita
dei flussi di merce e dei passeggeri e agli effetti di
cambio modale quelli non verosimili contenuti
nell’analisi costi-benefici redatta nell’anno 2011, il
progetto presenta una redditività fortemente negativa.
Qualora si faccia riferimento a stime di crescita della
domanda e di modifica della ripartizione modale più
realistiche, gli effetti complessivi del progetto
durante gli anni di esercizio – escludendo cioè il costo
di investimento - risultano pari a 885 milioni. Tale
risultato deriva dalla somma di due componenti di segno
opposto:
1) La prima, relativa ai flussi di merci, determina un
effetto negativo pari a 463 milioni. Tale risultato è la
conseguenza del fatto che, nelle condizioni complessive
esistenti sugli itinerari di interesse per il progetto,
lo spostamento modale dalla strada alla ferrovia risulta
essere socialmente inefficiente. Il beneficio economico
conseguente alla possibilità di instradare treni lunghi
e pesanti sull’itinerario “di pianura” reso possibile
dall’opera in esame, sommato alla riduzione delle
esternalità negative risulta minore della perdita di
accise e di pedaggi.
Il risultato negativo è fortemente influenzato anche dal
fatto che i flussi di traffico su ferrovia esistenti –
ossia quelli che con certezza godrebbero della riduzione
dei costi operativi - sono di entità molto modesta sia
in termini assoluti sia rispetto a quelli che dovrebbero
cambiare modo.
2) La seconda, relativa ai passeggeri, determina un
beneficio positivo pari a 1,3 miliardi.
Considerato che i costi attualizzati di investimento “a
finire” e gestione dell’opera assommano a 7,9 miliardi,
il “valore attuale netto economico” ossia la perdita di
benessere – differenza tra costi sostenuti e benefici
conseguiti - conseguente alla realizzazione dell’opera
risulta pari a 7 miliardi.
A tale valore devono essere sottratti i costi di
ripristino delle opere realizzate finora (messa in
sicurezza delle gallerie e rinaturalizzazione dei siti)
stimati pari a 347 milioni e quelli della “messa in
sicurezza” della linea storica che, a seconda degli
scenari di traffico che si intenderà considerare, potrà
essere garantita con interventi a basso impatto
economico ovvero con altri di maggiore rilievo, da
definirsi a seguito di una specifica analisi del rischio
nonché dei benefici attesi, per un ammontare massimo di
1,5 miliardi. Al netto di tali costi, il VANE
risulterebbe pari a -5,7 miliardi.
L’indicazione che emerge dalla analisi con riferimento
in particolare al traffico merci è coerente con quanto
la teoria economica afferma in merito alla tariffazione
ottimale degli spostamenti che dovrebbe essere
corrispondente alla somma del costo d’uso
dell’infrastruttura e delle esternalità generate. Nel
caso in esame la somma di accise e pedaggi risulta
invece essere nella situazione attuale di circa l’80%
superiore a tali costi. Il divario risulta ancora più
ampio sulle tratte autostradali non urbane anche in
considerazione degli elevatissimi pedaggi previsti per
l’attraversamento dei trafori del Fréjus e del Monte
Bianco che superano i 200 euro per viaggio.
Il fatto che l’attuale prezzo pagato dagli operatori
stradali sia largamente superiore al costo esterno e
d’uso fa venir meno di per sé una delle due motivazioni
economiche che possono giustificare l’investimento di
risorse pubbliche (o la previsione di sussidi) al fine
del perseguimento del cambio modale. Tale opzione si
configura come una opzione di second best rispetto a
quella ottimale sopra ricordata.
Si noti che il risultato fortemente negativo per il
cambio modale della componente merci dipende dalle
specificità del caso in oggetto ed è fortemente
amplificato nello scenario “Osservatorio 2011” in
relazione all’entità della domanda – sia in termini di
flussi che di distanze - in diversione modale. Tale
scenario contiene una incoerenza: in una situazione in
cui il trasporto merci stradale è ipertariffato è del
tutto inverosimile che la riduzione di costo di
trasporto di 7€/ton (oltre a 1h di tempo) su 1.300km di
percorso medio sia sufficiente a spostare rilevantissime
quantità di domanda da gomma a ferro; perché ciò
accadesse il beneficio del tunnel dovrebbe essere molto,
molto superiore a quello definito nell’analisi redatta
nell’anno 2011; in caso contrario la domanda spostata
sarà di gran lunga inferiore (come risulta dalla
valutazione svolta nell’anno 2000).
Nel caso specifico in esame si evidenzia, inoltre, come
il beneficio economico per i flussi che a seguito della
realizzazione dell’opera opterebbero per il modo di
trasporto ferroviario, equivalente a circa 50 euro per
veicolo pesante, potrebbe essere parimenti conseguito
riducendo per un pari importo i pedaggi previsti per
l’utilizzo dei trafori del M. Bianco e del Fréjus che,
al pari di quelli sulla rete ordinaria, laddove superano
la tariffa efficiente (ossia nella maggior parte delle
tratte di rete non limitrofe alle aree metropolitane),
costituiscono una forma di tassazione impropria degli
scambi commerciali con l’estero.
Pur in presenza di stime di cambio modale generose, i
benefici ambientali attesi – monetizzati pari a circa 5
miliardi nello scenario “Osservatorio 2011” - sono, a
livello nazionale e ancor più europeo, di entità quasi
trascurabile. Per quanto riguarda in particolare le
emissioni di CO2, considerato che le politiche di cambio
modale possono avere impatti molto limitati in termini
di modifica delle quote di domanda soddisfatte
rispettivamente dal trasporto su gomma e da quello
ferroviario, obiettivi ambiziosi di riduzione possono
essere conseguiti – come già accaduto nei decenni
passati per gli inquinanti locali – solo grazie
all’innovazione tecnologica dei veicoli e alla
conseguente riduzione delle emissioni unitarie; tale
necessaria condizione comporterebbe automaticamente una
forte riduzione del “vantaggio competitivo ambientale”
del modo di trasporto ferroviario e, quindi, del
beneficio dello spostamento dalla gomma alla ferrovia.
Con riferimento all’impatto sulle finanze pubbliche
degli Stati interessati, il costo da sopportare in caso
di realizzazione del progetto non è rappresentato dalla
somma dei soli costi di investimento e di gestione; a
questi devono infatti essere sommate le minori accise
che portano il bilancio complessivo da 10 a 11,6
miliardi (flussi attualizzati) nello scenario
“realistico” e a 16 miliardi in quello “Osservatorio
2011”.
Fonte: MIT |
|